Il racconto di un expat “alle prese” con il mondo berlinese della ristorazione e distribuzione di vini
Storie di italiani all’estero. Lui è Emiliano Aimi, 32 anni, parmense di origine, sardo di adozione, berlinese “per un periodo”. Un passato come musicista e scrittore, da sempre nel mondo della ristorazione, Emiliano è uno degli italiani che ha scelto la strada dell’expat e ha fatto del vino italiano una fonte di reddito e una passione. A Berlino, dove si è trasferito seguendo la fidanzata tedesca, ha intrapreso la strada dell’export e della distribuzione del vino italiano, specializzandosi sul vino e partecipando alla creazione di Neontoaster Distribuzione, prima distribuzione di vini in città concentrata sui produttori artigiani naturali. Oggi, rientrato in Italia, per amore del Belpaese, si occupa di comunicazione per aziende vitivinicole, collaborando con Impresa Vino, che sviluppa progetti di consulenza e comunicazione globali. Con lui abbiamo parlato di ristorazione, consumatori tedeschi e di vini naturali…
Come è nata l’esperienza di distribuzione di vini italiani a Berlino?
Per scelte personali di vita, mi sono trasferito qualche anno fa a Berlino, dove ho iniziato a lavorare come consulente per la ristorazione. Essendomi trovato di fronte al problema della totale assenza di prodotti artigianali di qualità, ho pensato assieme a due soci, che avevano una gastronomia-ristorante a Berlino, di creare una società di distribuzione di vini, Neontoaster, dedicata esclusivamente ai piccoli produttori artigianali naturali, tutti rigorosamente visitati e conosciuti personalmente.
Questa realtà seppur piccola, basata sulla fiducia reciproca, ha coinvolto anche nomi importanti del vino italiano, assieme ad altri produttori quasi sconosciuti. Io personalmente mi sono dedicato alla scelta dei produttori, ai rapporti con gli stessi, all’elaborazione del catalogo e ai rapporti con i clienti.
L’esperienza è durata un anno soltanto perché la Germania mi andava stretta e il richiamo dell’Italia è stato più forte, così da poco sono tornato in Italia, tra la Sardegna e il Continente, e lavoro come consulente di comunicazione per le aziende vitivinicole.
Come definiresti il mercato tedesco?
Nella mia esperienza tedesca io ho lavorato principalmente a Berlino. Se la Germania è un paese difficile per tutti i produttori di vino, Berlino lo è ancora di più.
I tedeschi sono molto attenti al prezzo, e al rapporto qualità prezzo. E sono per natura diffidenti, soprattutto nei confronti degli italiani, per colpa delle truffe che generazioni di italiani hanno perpetrato nell’agroalimentare (si parla ancora in Germania del Parmigiano di Bufala).
A Berlino questo approccio è elevato all’ennesima potenza, perché è una città povera. Gli incassi medi di bar e ristoranti sono di gran lunga inferiori a quelli italiani, gli stipendi sono più bassi che nel resto della Germania. Certo, è una città che va di moda e ci vivono tantissimi ricchi, ma la stragrande maggioranza della popolazione è composta da giovani stranieri e da ex tedeschi dell’est.
Qui il vino di qualità deve guadagnarsi ancora lo spazio che gli spetta.
Come funziona il sistema della ristorazione in base alla tua esperienza?
Berlino è una città in evoluzione rapida, in cui la gastronomia e la ristorazione di qualità esistono da una manciata di anni. Dieci anni fa non era possibile parlare di ristorazione di qualità, se non per pochi ristoranti importanti e di classe. Ora, invece, a Berlino si mangia bene in tantissimi locali e l’attenzione al prodotto è diventata una politica comune. Si beve anche bene, più che altro francese, tedesco o austriaco.
E il vino italiano?
Il buon vino italiano, possiamo dire che ancora, se non per qualche eccezione, non è “piazzato” sul mercato, come invece lo è a Monaco, Norimberga, Francoforte, Dusseldorf… La Germania è uno Stato federale, e questo si ripercuote anche sulle reti commerciali.
Diciamo che tutta questa bella ristorazione di qualità è ancora una ristorazione dai numeri bassi, che compra poco e con attenzione. Il “poco” non è un eufemismo, si parla spesso di sei o dodici bottiglie, che per un ristorante in Italia sembra una barzelletta.
Che suggerimento daresti ai produttori italiani per vendere nel mercato tedesco? Cosa fanno bene e cosa sbagliano?
A Berlino ho sperimentato che se si tiene un profilo basso, onesto, attento con alle spalle un prodotto di valore, nel lungo termine si può fare bene.
È necessario offrire il prodotto giusto al prezzo giusto, e sembra banale, ma lì è ancora più importante che negli altri Paesi.
Bisogna evitare di generalizzare, tipo “i tedeschi bevono frizzante”, perché parliamo di un popolo molto attento, organizzato in uno Stato federale in cui ogni area ha caratteristiche completamente diverse e, per quanto riguarda Berlino, di una città che vive un’evoluzione a velocità incontrollata.
E, soprattutto, si sbaglia quando si raccontano le favole.
Cosa significa?
Le favole non funzionano più, le persone si informano autonomamente con facilità disarmante, le notizie girano e le fonti sono innumerevoli e rapidissime.
Quel che consiglio alle aziende con cui lavoro è costruire un bel racconto, far capire alle persone chi siete, come lavorate, da dove venite, come sviluppate la vostra passione, ma tutto questo deve partire dalla conoscenza del vino, e dal suo valore reale.
Vino naturale: quale futuro sui mercati?
Il vino naturale, o artigianale naturale è il futuro non soltanto sui mercati, ma in generale della viticoltura non industriale.
Sui mercati il futuro è del naturale senza dubbio: non conosco una sola persona che, dopo aver capito e sperimentato che naturale non significa “puzza e hippy”, ma che i più grandi vini al mondo sono naturali, riesca di nuovo a bere il vino industriale. Oggi va di moda fare “movimento” e sentirsene parte, ma parliamo di vino, di persone, di vigne, di storie, di sapori, di emozioni, di sensazioni e dunque sono convinto che il movimentismo esasperato cesserà di soffocare questo mercato meraviglioso, etico, puro e di alta qualità che pian piano si sta diffondendo, finalmente, anche in Italia. Credo che entro breve tutti i ristoranti e le enoteche di qualità avranno uno o più vini artigianali naturali in carta.